La storia


1643

La fondazione del palazzo di Stefano Balbi

Il 4 febbraio 1643 Stefano Balbi (1580? – 1660), uno dei maggiori uomini di finanza del suo tempo, presentò il progetto per l’imponente fabbrica che sarebbe sorta su Strada Balbi, di fronte alla chiesa di San Carlo, affidando l’impresa agli architetti Pier Francesco Cantone e Michele Moncino. A decorare le sale furono chiamati alcuni tra gli artisti più apprezzati della scena genovese quali Giovan Battista Carlone e Valerio Castello, ma anche i bolognesi Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli. Gli aulici ambienti furono impreziositi da ricche collezioni di quadri, sculture antiche e arredi che solo in parte passarono ai nuovi proprietari dell’edificio quando Stefano Balbi morì senza eredi: Giovan Battista, suo unico figlio maschio, era infatti morto di peste nel 1657.

1679

Inizia l’era Durazzo

Nel 1679 il palazzo di Stefano Balbi fu acquistato da Eugenio Durazzo (1630-1705), tra i senatori più ricchi della città, abile finanziere, ambasciatore a Milano, appassionato di teatro e prestigioso committente di dipinti, sculture, mobili rari, oggetti preziosi da gabinetto delle curiosità, membro di una nobile famiglia già legata ai Balbi da affari comuni e attraverso matrimoni strategici.
Fu Eugenio a volere che la fabbrica fosse ampliata fino a raggiungere le dimensioni attuali.
Con una facciata di quasi 100 metri di lunghezza e una pianta che occupa un intero isolato della città, il palazzo di Eugenio diventò la più estesa tra le dimore aristocratiche genovesi.
I lavori furono affidati a un architetto di gran fama, Carlo Fontana, in quel momento astro nascente nella Roma dell’ultimo Bernini: presero così forma i due scenografici scaloni, la terrazza monumentale, il cortile d’onore e il giardino pensile. Fu costruito come edificio autonomo il Teatro del falcone.

La prima metà del Settecento e la Galleria degli specchi

Molte delle decorazioni degli interni che ancora oggi possiamo ammirare, sono quelle commissionate dal successore di Eugenio, suo nipote Gerolamo Ignazio Durazzo (1676- 1747) che si avvalse spesso dell’opera di Domenico Parodi, pittore, scultore e specialista in allestimenti scenografici. Proprio a questo protagonista dell’arte genovese settecentesca Gerolamo commissionò la decorazione della Galleria degli specchi, destinata a diventare l’ambiente più prestigioso dell’intero palazzo, luogo deputato ad
accogliere gli ospiti più illustri.

1842

Da palazzo aristocratico a reggia

Alla fine del Settecento i “Durazzo di Palazzo Reale” videro un netto ridimensionamento del loro potere finanziario e, per fronteggiare le grandi incertezze del tempo, decisero di alienare alcuni importanti pezzi della quadreria. L’ultimo membro della famiglia che abitò la grande dimora fu Marcello (1777-1826) che, nel 1824 fu costretto a venderla a Carlo Felice di Savoia. Nel 1814 infatti, il Congresso di Vienna aveva annesso Genova e la Liguria al regno di Sardegna e la città, con il suo importante porto, era diventata centro strategico per i nuovi sovrani.
I Savoia comperarono la prestigiosa dimora completa delle statue antiche e moderne, degli arredi, della quadreria, una delle più importanti del patriziato locale. Mentre alcuni tra i beni più preziosi furono trasferiti in seguito a Torino, nuovi acquisti andarono a
implementare le collezioni. Di notevole importanza fu la scelta di destinare alle sale della reggia genovese oltre sessanta dipinti della raccolta dell’avvocato Carlo Andrea Gabaldoni, che Carlo Felice aveva acquisito a Genova già nel 1821: il palazzo genovese
ne conserva ancora trentotto tra cui si annoverano capolavori come La sibilla Samia del Guercino, Il Cristo crocifisso di Antoon van Dyck e Il ratto di Proserpina di Valerio Castello.
Le esigenze della corte resero necessari alcuni importanti interventi come la costruzione di un collegamento coperto tra il palazzo e la Regia Darsena, demolito poi nel 1963. Anche gli interni furono oggetto di grandi lavori di ammodernamento e adeguamento alle nuove funzioni di reggia: furono allestite così la Sala del trono, la Sala delle udienze, il Salone da ballo.

1831 – 1849

Carlo Alberto, il re nuovo

Artefice della completa trasformazione del palazzo fu in realtà re Carlo Alberto di Savoia: nei diciotto anni di regno egli portò a compimento molti dei progetti concepiti e avviati dal suo predecessore e volle importanti modifiche funzionali e decorative degli ambienti più rappresentativi. Carlo Alberto fece anche predisporre, al primo piano nobile, un intero appartamento per il primogenito Vittorio Emanuele e la sua giovane consorte, Maria Adelaide d’Asburgo Lorena: quello spazio, perfettamente conservato, è noto tuttora come Appartamento dei principi ereditari. A Ferdinando, secondo figlio maschio del re, fu invece
destinato un alloggio del secondo piano nobile, ancora oggi noto come Appartamento del duca di Genova, titolo attribuito al secondogenito dal padre nel 1831.

1919

Donazione allo Stato

Soprattutto dopo l’Unità d’Italia e il trasferimento della capitale prima a Firenze e poi a Roma, la famiglia reale abitò sempre meno il palazzo genovese. Al termine del primo conflitto mondiale, in vista di una riduzione delle spese della corona, Vittorio Emanuele III
donò l’edificio allo Stato Italiano insieme ad alcuni dei più importanti palazzi reali italiani: era il 5 aprile del 1919.
Negli anni immediatamente successivi il secondo piano nobile fu trasformato in museo, mentre il resto dell’edificio veniva occupato dagli uffici di tutela del paesaggio ligure diventati in seguito le soprintendenze del Ministero della cultura.

2006

Dichiarazione UNESCO

Nel 2006 “Le Strade Nuove e il sistema dei Palazzi dei Rolli” sono iscritti nelle liste del patrimonio Unesco: tra i 42 edifici compresi nella lista, tutti “connotati da un elevato valore architettonico e artistico che raggiungono un valore universale in quanto si adattano alle caratteristiche del sito delle esigenze di una specifica organizzazione sociale ed economica quale era quella della Repubblica di Genova”, c’è anche il Palazzo di Stefano Balbi, oggi Palazzo Reale.

2015

Palazzo Reale diventa Museo Autonomo

Nell’ambito della riforma del Ministero dei beni culturali (oggi Ministero della cultura) Palazzo Reale, per il suo rilevante interesse nazionale, viene scelto e inserito nell’elenco dei primi venti musei statali dotati di autonomia speciale, coordinati direttamente dalla
Direzione Generale Musei e dotati di autonomia scientifica, finanziaria, contabile e organizzativa. Inizia così un nuovo capitolo della sua storia.